Non solo business tra aziende orientate al benessere collettivo
Da Il Secolo XIX del 16/10/2013 | Scarica il PDF
Snobbato in economia dai tempi di Adamo Smith, il bene comune sta vivendo una seconda vita. Aumentano gli industriali che,morsi dalla crisi, cercano nuove forme d’impresa. Orientate non tanto ad avere sempre di più clienti, fatturato, utili quanto al benessere collettivo. È l’insegnamento, fra gli altri,di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari, e paladina di un’economia “del dare”. Molti di questi imprenditori non sono neppure credenti, altri sono cattolici praticanti e focolarini, tutti cercano un’alternativa al capitalismo. Che, a giudicare da queste storie, forse esiste già.
La Liguria è una piccola roccaforte. Da Genova Antonella Ferrucci, imprenditrice, gestisce il sito dell’economia di comunione, www.edconlineorg, tradotto in sei lingue, che ha raccolto centinaia di tesi di laurea scritte da studenti di tutto il mondo sulla responsabilità sociale degli azionisti, la democrazia all’interno delle aziende e altri temi cari al movimento. Suo padre, Alberto, 76anni, è stato uno dei primi a seguire le indicazioni di Chiara Lubich. Dopo una laurea in chimica e una carriera alla Erg che lo porta, neppure quarantenne, ad amministrare prima la raffineria siciliana del gruppo, poi anche quella genovese, Ferrucci traccia il progetto di un consorzio mondiale per le materie prime. Siamo nella metà degli anni’80, il prezzo del petrolio,dopo l’impennata seguita alla crisi iraniana del 1979, è crollato. I paesi produttori sono in difficoltà. Il consorzio avrebbe dovuto stabilizzare il prezzo del petrolio e usare una parte dei frutti di questo prezzo calmierato per lo sviluppo del terzo mondo. Il progetto viene presentato alle multinazionali e ai governi dei paesi consumatori e produttori, e raccoglie subito i consensi di Italia, Olanda, Arabia Saudita. Poi tutto si ferma. Il gruppo Erg revoca gli incarichi al suo amministratore delegato. Il motivo non fumai chiarito, ma verosimilmente l’ambiente petrolifero non gradiva certe idee troppo rivoluzionarie. Ne nasce un contenzioso, da cui l’ex manager uscirà riabilitato e risarcito. Da allora però, Ferrucci non ha più lavorato per conto terzi. Ha fondato la sua società, Prometheus Srl, che sviluppa software per raffinerie. Software che non si accontentano di aumentare l’efficienza degli impianti. «AllaNationalOilCompany (Noc) la compagnia libica, alcuni anni fa – ricorda Ferrucci – abbiamo venduto un intero pacchetto che aumentava l’efficienza delle raffinerie, e la qualità di vita dei suoi lavoratori e del territorio». Come? «Impiegando i maggiori profitti resi possibili dal software per dare incentivi ai lavoratori e realizzare opere, come scuole, giardini e case. Abbiamo venduto il prodotto e la consulenza, un funzionario della Noc è anche venuto a Genova per la formazione. La guerra in Libia ha interrotto il percorso, e con quella raffineria abbiamo interrotto la collaborazione. Ma il nostro lavoro continua in altre parti del mondo, dove abbiamo raddrizzato le sorti di più di un’azienda».
Alla scuola di Alberto Ferrucci è cresciuto Maurizio Cantamessa, anche lui chimico, per un periodo dipendente della Prometheus, e oggi presidente della Tassano inserimenti lavorativi, uno dei consorzi che formano il gruppo Tassano di Casarza Ligure, Genova. «Venire a lavorare qui – racconta Cantamessa che oggi ha 50 anni – è stata una scommessa, e nonostante le difficoltà di questi anni, se tornassi indietro rifarei tutto daccapo». Al suo esordio il Tassano riparava elettrodomestici. Oggi è un consorzio che copre un ampio ventaglio di attività, dagli asili nido all’assemblaggio per conto terzi. Vi convivono cooperative come Il Sentiero di Arianna, che offre servizi educativi per i giovani e di assistenza agli anziani, e il consorzio Tassano inserimenti lavorativi,una fabbrica dove lavorano cento persone, quasi tutte con trascorsi difficili: dipendenza dall’alcol o dalla droga, carcere, disturbi psichici. Il direttore della fabbrica è un tedesco trapiantato a Casarza da vent’anni, Klemens Ries: «Sono venuti a prendermi a Hockenheim – racconta – dove dirigevo una realtà simile, un centro per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate».
Lungo un nastro trasportatore gli operai assemblano filtri per le auto:«Finiscono nelle automobili di mezzo mondo», dice il direttore. In una stanza accanto, montano centraline elettriche. Nonostante l’apparente frenesia sono, ammette Ries, tempi duri. «In un anno – spiega – la domanda è crollata del 25%. La concorrenza della Cina è spietata. Ma i clienti apprezzano la qualità, flessibilità e velocità del nostro lavoro».
La crisi aguzza l’ingegno e ha spinto Livio Bertola, imprenditore piemontese, a fondare la neonata Aipec, associazione italiana degli imprenditori per un’economia di comunione. «Mi hanno contattato diversi imprenditori, alcuni praticano l’economia di comunione da anni. Altri ci stanno arrivando ora, mossi proprio dalla crisi e dalla voglia di trovare un nuovo modo di lavorare». Bertola guida l’omonima azienda di famiglia che a Marene, provincia di Cuneo, croma componenti di automobili, di moto,di serrature. La Bertola srl ha 25 dipendenti, in maggioranza africani, con uno stipendio medio di 1.700 euro al mese. Cui però si aggiungono alcuni extra. «Anche se gli utili sono in calo, ogni anno dice Marco Bertola, figlio di Livio e al suo fianco in azienda finora siamo sempre riusciti, ogni anno, a dare ai nostri dipendenti una sorta di quattordicesima. E a far loro dei prestiti, senza interessi, perché non finiscano vittime dell’usura».
Che gli operai siano quasi tutti africani è una scelta. «Quando ho preso le redini dell’azienda racconta Livio Bertola ho deciso che avrei aiutato gli ultimi. E, all’epoca, gli ultimi erano loro. Oggi sono anche i nostri giovani italiani, disoccupati o precari. L’ultima assunzione che abbiamo fatto, prima dell’estate, è quella di un 27enne piemontese, laureato in ingegneria. Faceva il venditore di videogame. Oggi è un nostro tecnico di laboratorio».
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