Come nasce l’AIPEC e quali sono i suoi obiettivi? Ne parliamo con il Presidente, Livio Bertola
Da Città Nuova dicembre 2013 | Scarica il PDF
Era la primavera dello scorso anno quando poco più di un pugno di imprenditori si attivano, e in un’assemblea si gettano le basi per la costituzione di un ente che rappresenti gli imprenditori che si ispirano ai valori ell’Economia di Comunione (EdC). In tutti c’è il desiderio di portar fuori le novità proposte dall’EdC. Si intraprende così un percorso che porterà alla nascita dell’Associazione italiana imprenditori per un’Economia di Comunione (Aipec).
Si organizzano numerosi incontri con altri imprenditori in varie parti d’Italia per proporre il progetto e raccogliere idee e impressioni.
Il 23 settembre 2012, durante l’edizione di LoppianoLab, si tiene l’assemblea costituente della nuova associazione.
Presidente dell’Aipec è Livio Bertòla, un imprenditore della provincia di Cuneo. Ha incontrato centinaia di persone da Nord a Sud dello Stivale. «Vedesse, non c’è differenza di cultura, di territorio – racconta Livio –. In tutti ho trovato la stessa consapevolezza. Presenti il progetto dell’Aipec e vedi le persone illuminarsi, e poi dire: “È proprio quello che volevo sentire”».
Concretamente cosa proponete?
«Proponiamo un valore aggiunto a qualsiasi modo di lavorare nel mercato nazionale e internazionale, la cultura del dare. Ci guidano le parole di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari: “Diamo sempre; diamo un sorriso, una comprensione, un perdono, un ascolto; diamo la nostra intelligenza, la nostra volontà, la nostra disponibilità. Dare: sia questa la parola che non può darci tregua”. Quando incontriamo un imprenditore in diffi coltà è nostro compito e interesse fargli presente che siamo con lui e non è un fallito».
È vostra convinzione che solo mediante una rivoluzione culturale sarà possibile uscire da questa crisi economica e di valori e sarà possibile riequilibrare la distribuzione della ricchezza; solo attraverso una vera comunione tra aziende è possibile trasformare le difficoltà in opportunità di crescita. Qual è la parola chiave del vostro operare?
«È comunione la parola chiave! L’invito non è solo a cercare di capire come questa associazione possa essere d’aiuto nel risolvere i problemi di ciascuno, bensì a pensare cosa potrebbe fare ciascuno per risolvere i problemi altrui, anche solo in termini di contributi di idee. Sapesse quanto è importante mettere al servizio di tutti gli associati il talento di ciascuno, le esperienze, le idee, unite alle peculiarità tipiche di noi imprenditori: la fantasia nella ricerca e l’ideazione di nuove idee, la concretezza del trovare il modo di realizzarle e la prontezza nel farlo subito, senza rimandare a un domani».
Aipec è apparentemente una sigla fredda “cruda”, non ti sembra?
«Non mi ero mai posto questa domanda, ma ti assicuro che il nostro agire è solamente uno: far emergere quello che ogni persona, ogni imprenditore ha di positivo nel proprio animo. Siamo altoparlanti del bene che ognuno porta in sé. Il nostro fine è far venir alla luce nella coscienza delle persone, che sono continuamente violentate da una pubblicità ingannevole, che c’è un’infinità di vita buona attorno a noi. Vogliamo poter dire ad ognuno, guardandolo dritto negli occhi: “Voltiamo pagina. Oggi inizia un nuovo giorno!”».
A cura di Silvano Gianti