Pubblicato su www.laporzione.it Posted on 15 Aprile 2020 by Davide De Amicis

The economy of Francesco: “Scelta profetica, oggi viviamo sul debito”

“Nel futuro – osserva Domenico Sturabotti, direttore di Symbola (Fondazione delle qualità Italiane) – non ci sarà un’economia che non terrà conto dell’ambiente e penso che non ci sarà un’economia che non terrà conto delle persone. Nel futuro questo sarà un prerequisito per fare economia, altrimenti non ci sarà economia”

Lo ha affermato l’1 marzo scorso l’arcivescovo Valentinetti, introducendo l’evento di Assisi

Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne

È stato rinviato a sabato 21 novembre, a causa dell’emergenza sanitaria Coronavirus Covid-19, l’evento internazionale “The economy of Francesco”in programma ad Assisi: una tre giorni, organizzata da diocesi di Assisi, Comune di Assisi, Istituto Serafico di Assisi ed Economia di Comunione, a cui parteciperanno 3 mila persone tra giovani economisti, imprenditori e change makers (innovatori) provenienti da tutto il mondo, invitati direttamente da Papa Francesco per avviare un processo di cambiamento globale, affinché l’economia di oggi e di domani sia più giusta, inclusiva e sostenibile. Lo scorso primo marzo, prima dell’entrata in vigore dei decreti governativi che hanno istituito il lockdown in Italia contro il Coronavirus, si è tenuto un incontro preparatorio nella Biblioteca Carlo Maria Martini presso la Curia diocesana di Pescara-Penne, moderato da Antonella Allegrino, presidente dell’associazione Domenico Allegrino onlus. Durante l’evento, organizzato da Movimento dei Focolari Abruzzo, Aipec (Associazione imprenditori per l’economia di comunione), l’associazione Domenico Allegrino, l’associazione Erga Omnes ed Eco-One (Rete internazionale di esperti e professionisti nelle scienze ambientali), sono state presentate cinque esperienze imprenditoriali sul tema, introdotte da un convegno aperto dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti.

Quest’ultimo ha sottolineato come The economy of Francesco nasce all’interno di una riflessione condotta a 360 gradi da Papa Francesco, la quale ha toccato l’apice attraverso la pubblicazione dell’enciclica sociale Laudato si’: «Dove il Papa – ricorda il presule – parla di un’ecologia integrale che non significa solamente schierarsi a difesa dell’ambiente, ma che significa cambiare sostanzialmente i tasselli fondamentali della convivenza civile, della convivenza umana, perché stiamo arrivando ad un punto di non ritorno. Questo non tanto e non solo perché l’ambiente ormai è degradato e depredato, ma più che altro per la struttura economica e finanziaria che vige ora nel mondo, la quale chiede un capacità di reinventarsi. Papa Francesco più volte ha detto che non si tratta di un sistema in crisi, ma di una crisi di sistema. Il sistema che abbiamo avuto fino a questo punto non regge più. Se basta un’epidemia come quella del Coronavirus Covid-19 a mettere in crisi il Pil di una Paese come l’Italia, voi capite che bastano pochi elementi per creare situazioni veramente drammatiche, delle quali non sappiamo quali potrebbero essere le conseguenze e in base alle quali avremo delle ricadute notevoli nel tempo, da cui sarà difficile risollevarci. Oltretutto il sistema economico non funziona più, perché non ha funzionato il sistema marxista, anche se qualcuno se lo reinventa. È il caso della Cina, dove il problema sussiste in modo grave in quanto si tratta di un sistema economico marxista mascherato. E non funziona l’attuale sistema capitalistico dato che anche l’altra grande potenza, gli Stati Uniti d’America, porta avanti questo sistema in maniera esasperata a grave danno della situazione ambientale. Tant’è vero che gli Usa e la Cina sono quei Paesi che non firmano i protocolli sulla salvaguardia dell’ambiente a livello globale. Allora c’è qualcosa che non funziona, tenendo presente che non solo non funziona il sistema economico, ma non funziona il sistema finanziario dato che il mondo oggi vive sul debito e, vivendo sul debito, si trova continuamente sull’orlo del precipizio. Tutti i Paesi più sviluppati hanno milioni, miliardi di dollari di debito. Stiamo sostanzialmente ipotecando la vita dei nostri figli, dei nostri nipoti, di quelli che verranno dopo di noi. Adesso o si reinventa un cammino diverso, che probabilmente non vivremo noi, o davanti a noi troveremo solo vicoli ciechi. Anche perché tutti dicono che la famosa crisi iniziata nel 2008 è stata superata, ma in realtà ci rendiamo conto che superata non è se non in chi ne gode i maggiori benefici, per cui assistiamo a sperequazioni sempre più grandi sia nelle nazioni progredite sia in quelle povere. Così i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri diventano sempre più poveri e questo a livello mondiale. È un sistema che non può continuare a funzionare. Da qui le grosse crisi, le crisi monetarie, le crisi che portano a conflitti sempre più esasperati, che stanno portando anche ad un’assolutizzazione populista e individualista delle nazioni le quali, sostanzialmente, cercano di richiudersi sempre più nel proprio guscio per non essere capaci di aprirsi ad altre soluzioni. E allora Papa Francesco prova a sparigliare le carte, perché  invita 3 mila giovani imprenditori, li porta ad Assisi e lì, attraverso gruppi di studio, gruppi di lavoro e gruppi di riflessione, cerca di ipotizzare quali possono essere per il futuro del pianeta, realtà diverse che possano essere rispondenti alle necessità di tanti popoli e di tante nazioni. È una sfida grande perché se questo poteva essere significativo fino a qualche anno fa, quando la popolazione mondiale non raggiungeva ancora quel limite che sta raggiungendo ora, fra poco sarà sempre più difficile perché la popolazione mondiale si sta moltiplicando in maniera notevole. L’iniziativa di Papa Francesco è molto opportuna, direi profetica. Noi ci aspettiamo qualche segnale indicatore, che chiaramente già serpeggia all’interno di tante realtà che comunque fanno riferimento anche all’ispirazione evangelica, l’economia di comunione ne è un esempio molto chiaro. Ma anche altre realtà che, pur non dichiarandosi in riferimento alla fede, sono capaci di inventare e di pensare nuovi modelli di sviluppo e di attenzione all’uomo integrale, rispondendo alla prerogativa fondamentale della Laudato si’, che è proprio l’ecologia integrale».

L’obiettivo di questa esperienza, a detta dell’arcivescovo di Pescara-Penne, dev’essere uno solo: «Ci vuole apertura – esorta monsignor Valentinetti -, ci vuole dialogo, ci vuole capacità di mettersi in discussione. Ma ci vuole soprattutto che, alla base di questo lavoro, per i giovani credenti sia ben chiara la distinzione tra Chiesa e Regno di Dio. La Chiesa è strumento, ma il fine è il Regno di Dio al quale sono chiamati tutti i popoli della terra, sono chiamate tutte le religioni, sono chiamate tutte le culture e tutti coloro che possono contribuire alla realizzazione del Regno. Si tratta di percepire che il Regno di Dio si è avvicinato, “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino” Marco 1,15. E questa credo che sia una riflessione che, all’interno della Chiesa, debba diventare sempre più patrimonio comune, sempre più patrimonio che lancia la persona a sguardi aperti. Abbiamo avuto, e purtroppo abbiamo ancora, qualche segnale di stagioni dove la divisione, dove l’esclusione ha regnato e regna sovrana. Questo è un passaggio che dobbiamo tentare di fare ed è un passaggio epocale. Abbiamo bisogno di dialogo, abbiamo bisogno di confronto, abbiamo bisogno di cuori aperti, di eliminare le ideologie e, soprattutto, quelle che hanno segnato in maniera profonda il passato recente. Purtroppo i segnali non sono belli, c’è qualcuno che soffia odio specialmente sui giovani e questo non porta da nessuna parte. Avere il coraggio del dialogo, del confronto, del saper contemperare le diverse esigenze dei popoli e delle nazioni, sicuramente è un lavoro complesso, ma se non ci metteremo su questa lunghezza d’onda alla fine non arriveremo da nessuna parte. Se c’è un futuro per l’umanità, il futuro è questo».

Fabio Reali, consigliere Aipec

Un modello economico, quello capitalistico attualmente in crisi, che va capito in tutte le sue declinazioni per poterne poi comprendere le storture: «Un conto è l’economia di mercato – precisa Fabio Reali Consigliere AIPEC e PhD Istituto all’Universitario “Sophia” di Loppiano (Firenze) – e un conto è il capitalismo. La prima ha alla base il concetto di libertà, mentre il secondo riguarda il discorso dell’efficienza la quale deve portare l’impresa a produrre profitto. I francescani parlando del capitale lo paragonavano all’acqua, dicendo che quando è corrente è positiva, mentre se ristagna puzza. Allora il capitale deve circolare, producendo sviluppo non solo per pochi ma per tutti. È questo il problema di oggi, essendoci una forte concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi,mentre i francescani dicevano che il capitale deve circolare, se circola produce ricchezza. I francescani non erano contro la ricchezza e quindi, oltre che di teologia, parlavano anche di economia. Quindi l’economia di mercato nasce prima di Calvino e Lutero (1517), ma fin dai tempi di San Francesco (1200-1300) e molto prima del testo fondamentale dell’economia “La ricchezza delle nazioni” di Smith (1776). Un patrimonio, l’economia francescana, ancora poco conosciuto tanto in Italia quanto all’estero. La stessa Chiara Lubich, facendo nascere l’economia di comunione non fa riferimento ai francescani in mancanza di scritti. Così come all’estero se si dice che l’economia nasce prima di Smith, si mettono a ridere perché i testi che abbiamo oggi non sono strati tradotti in inglese. Invece, questo patrimonio va tramesso agli altri.Quindi da San Francesco, che abbraccia madonna povertà mediante la spogliazione, nasce un’economia diversa “Quella che fa vivere e non uccide”(Papa Francesco). Anche Giuseppe Toniolo, nel 1891, sosteneva che “Il capitalismo è una degenerazione dell’economia di mercato”. E San Giovanni Paolo II, nel 1991, diceva “Io ho visto la fine del comunismo. Qualcun altro vedrà la fine del capitalismo”. Per questo l’evento di Assisi è fondamentale, perché attraverso i giovani, attraverso quello che stiamo vivendo qui, possiamo scrivere una nuova economia. Perché l’economia è vita, fa parte della nostra vita. Vediamo oggi i risultati, in quanto sta venendo meno un concetto non valorizzato all’interno del sistema economico, la fiducia. E ciò sta mettendo in crisi non solo l’economia italiana, ma anche quella mondiale».

Carlo Masci, sindaco di Pescara

Un evento, “The economy of Francesco”, che a detta del sindaco di Pescara Carlo Masci sarebbe stato altrettanto significativo se si fosse svolto in Abruzzo: «Perché l’Abruzzo – spiega il primo cittadino – è una terra che rappresenta tutti i valori professati da Papa Francesco per ciò che concerne l’economia, ovvero sostenibilità ambientale, inclusione e giustizia. A partire proprio dalla sostenibilità ambientale, perché siamo la regione più verde d’Europa e perché la nostra economia è basata sul chilometro zero. È un’economia che guarda al territorio senza sfruttarlo, ma prendendone il meglio per produrre dei prodotti che non sono globalizzati, ma che si caratterizzano proprio per essere nati in questo territorio rappresentandone il valore aggiunto. E poi questa è una terra che la capacità di includere tutti senza escludere nessuno, essendo costituita da tante piccole realtà territoriali in grado di rappresentare il nuovo umanesimo di cui parla Papa Francesco. E poi ci sono i giovani che sanno guardare all’impresa, sapendosi mettere in gioco senza avere paura di confrontarsi con l’esterno. Qui la parola globalizzazione si traduce in glocalizzazione».

Domenico Sturabotti, direttore Symbola

E per realizzare un’economia a misura d’uomo, contro la crisi climatica, Symbola(Fondazione delle qualità Italiane) ha anche elaborato il Manifesto di Assisi che è possibile sottoscrivere online: «Alcuni imprenditori – spiega Domenico Sturabotti, direttore di Symbola -, come gli amministratori delegati di Enel, di Terna e tantissimi altri, sul filone dell’economia di Francesco, circa sei mesi fa, hanno deciso di costruire una piattaforma di ragionamento per dare una risposta al mondo dell’impresa a quello che è un percorso sentito a livello nazionale, cercando di dare un racconto diverso del Paese, una direzione, una speranza che si fonda sulla fiducia, sul coraggio, sull’idea di mettere in campo delle strategie nuove rispetto a quelle viste fino ad oggi, nelle quali l’uomo e l’ambiente diventano il centro del ragionamento. Noi, in partnership con il Sacro convento di Assisi, lo scorso 24 gennaio abbiamo presentato il manifesto ed è stato un grande successo, quasi inaspettato, figlio del tempo. La gente, le imprese, sentono questi temi che devono essere affrontati. Attualmente abbiamo tremila firmatari e a quell’appuntamento hanno partecipato in mille persone. Questo è un sistema di imprese e di persone che vogliono mettersi in moto al servizio questo percorso. Le parole del manifesto, che si può sottoscrivere, sono innanzitutto il coraggio. Molti hanno detto che questo è un manifesto coraggioso, perché muove contro l’atteggiamento che non è italiano. L’Italia è sempre stato un Paese fiducioso. Affrontare, andare avanti, costruire, fare impresa è stata una grande sfida, coraggiosa, in cui la fiducia è stata un motore fondamentale. Negli ultimi 10 anni questa fiducia è venuta meno e il manifesto ha l’obiettivo di stimolare la fiducia e il coraggio delle persone, perché sicuramente una via d’uscita c’è, ma bisogna agire. Il secondo aspetto è il tema della transizione (verso un altro modello economico). Noi auspichiamo un mutamento, ma questo è un processo che avviene nel tempo e che richiede tempo. Spesso l’atteggiamento è quello di arrivare all’obiettivo, ma non la via che serve per giungere all’obiettivo. Senza questa via diamo il là al populismo e ad un atteggiamento di paura nella popolazione. Bisogna indicare il percorso che ci porta in quella direzione e spero che l’Economia di Francesco, ci aiuti ad individuare quali sono gli aspetti della transizione, quali sono le chiavi per interpretarla al meglio così che non lasci indietro nessuno. Questo perché la transizione ha dei costi, in quanto ci saranno persone che verranno danneggiate e altre che ne trarranno dei benefici. Allora bisogna mettere in campo politiche che aiutino le persone svantaggiate a fare il salto in questa direzione».

E, a proposito di transizione, dall’Abruzzo arrivano segnali incoraggianti: «Green economy, cultura e coesione sociale, in fondo – aggiunge Sturabotti -, sono la matrice del made in Italy. Nei nostri studi di oltre 15 anni delle aziende abruzzesi, abbiamo analizzato questi tre elementi che comparivano sempre, anche in maniera inconsapevole. Molte aziende fanno sostenibilità e neanche lo sanno. Questo è indice di sensibilità dei nostri imprenditori sul fatto che, per fare presa, occorre attenzione nel territorio, avere attenzione ai propri lavoratori. Fare risparmio è una cultura molto italiana. Il nostro Paese è storicamente povero di materie prime e quindi, naturalmente, noi risparmiamo materie ed energia perché noi l’abbiamo sempre fatto. Questo percorso è un’occasione per far capire che la nostra economia, da secoli ma anche oggi, è viva con questi tre elementi che convivono. Alcuni studi da noi condotti in questi anni, analizzando quali sono i livelli di investimento delle imprese italiane nella sostenibilità. Vediamo che, negli ultimi cinque anni, questo ha interessato un’azienda su quattro nell’industria e un’azienda su tre nella manifattura. Tutte le imprese che hanno fatto investimenti sulla sostenibilità dei processi e dei prodotti, sono quelle che competeranno di più sui mercati perché sono più efficienti. Sono quelle che hanno una maggiore attenzione all’impiego delle materie prime e delle energie, avendo anche compreso che sostenibilità non vuol dire solo avere un prodotto che risparmia energia. Vuol dire cambiare l’azienda in un’ottica totalmente nuova. Nel futuro non ci sarà un’economia che non terrà conto dell’ambiente e penso che non ci sarà un’economia che non terrà conto delle persone. Nel futuro questo sarà un prerequisito per fare economia, altrimenti non ci sarà economia».

Mirella Sansiviero, referente Aipec Abruzzo

Alcuni esempi virtuosi, da questo punto di vista, non mancano da parte di associazioni e aziende locali che guardano alla responsabilità sociale d’impresa, mettono al centro la persona e operano per essere protagonisti di un cambiamento culturale. È il caso del progetto “Say youth get more”(“Dì ai giovani che possono di più”), che ha voluto seminare nei giovani i cardini dell’economia civile e di comunione: «Abbiamo seguito delle lezioni a Pescara sull’economia di comunione – racconta Mirella Sansiviero, Referente Aipec Abruzzo -, volendo creare qualcosa di concreto. Abbiamo così cercato una linea di finanziamento, trovata poi su Erasmus plus, per creare una Scuola popolare di economia civile e di comunione nata a Vasto, ma anche in Croazia e in Portogallo. Abbiamo chiesto di partecipare al progetto alcuni enti abruzzesi, come la Facoltà di Economia dell’Università D’Annunzio di Pescara e l’associazione Nuovi orizzonti.Studiando l’economia civile abbiamo scoperto come questa realtà non sia assolutamente conosciuta tra i giovani, ma abbiamo anche scoperto tutto il nostro patrimonio culturale, artistico e letterario. È stata un’occasione per dire ai giovani “Andate in giro orgogliosi di voi stessi, di quello che abbiamo in Italia”. Abbiamo avuto 23 incontri a Vasto della Scuola popolare, coordinati dai professori della Scuola di economia civile (Sec) e della Facoltà di Economia di Pescara, per parlare di finanza etica, di ambiente, di benessere aziendale e di gestione civile dell’azienda. E abbiamo anche cercato di mettere insieme il mondo della scuola con quello imprenditoriale, portando nella scuola diverse esperienze imprenditoriali come quella della Pilkington di San Salvo, chiedendo ai suoi manager di spiegarci come vivono l’etica in azienda. Il bello è stato che in un successivo incontro sul tema della sicurezza, organizzato dall’azienda al suo interno, hanno voluto come docente un professore della Scuola di economia civile (Leonardo Becchetti). Con questo progetto, tra Italia, Croazia e Portogallo, si è creata una bellissima rete che sta portando i suoi frutti».

Federico Fioriti, direttore Innovalley

Il secondo ad intervenire è stato Federico Fioriti, direttore di Innovalley (Rete per l’innovazione tecnologica e sociale), che ha illustrato il progetto Give back: «Un anno fa – illustra – siamo partiti con un’associazione fatta da giovani imprenditori, manager e dipendenti di grandi aziende, che avevano un unico fattore in comune. Proveniamo tutti dalla Val di Sangro, il polo industriale più importante d’Abruzzo. Così ci siamo messi insieme e abbiamo cercato di trovare uno spunto per mantenere legami con il nostro territorio,creando con esso occasioni di interconnessione. Venendo tutti da realtà lavorative impegnate sul digitale, abbiamo cercato di plasmare la nostra rete su queste interconnessioni. L’anno scorso siamo partiti con un progetto, approvato dalla Commissione europea, siamo stati organizzatori locali della Settimana europea dell’industria che abbiamo organizzato qui a Pescara. Qui abbiamo messo insieme i nostri principali interlocutori, le realtà industriali, i tre atenei abruzzesi più il Gran Sasso Science Institute e abbiamo cercato di presentare le migliori start-up sul territorio. Questi rappresentanti, in 212 tra imprese e professionisti abruzzesi, il 22 febbraio 2019 si sono riuniti all’Aurum di Pescara partecipando partecipato a delle tavole rotonde sul tema “La fabbrica umana”. Da qui sono uscite partnership e progetti. Il più importante si è concluso il 6 febbraio con l’organizzazione della Start cup, la competizione delle start up universitarie dei tre atenei abruzzesi, più il Gran Sasso Science Institute e l’Istituto zooprofilattico di Teramo. Abbiamo messo in competizione, in collaborazione con il Politecnico di Milano, 30 start up con l’intento di far emergere le realtà più innovative del territorio. Da qui lo slogan “Give back”, perché ci ha mosso la molla di ridare al nostro territorio le conoscenze che abbiamo appreso fuori».

Pasquale Elia, presidente associazione Erga omnes

La terza esperienza concreta approfondita è stata quella di Pasquale Elia, presidente dell’associazione Erga omnes: «I protagonisti – riporta Elia – sono studenti universitari e professionisti nell’ambito del sociale. Erga omnes dal latino significa “Per tutti” e i giovani dell’associazione si sperimentano ogni giorno, nel loro vivere quotidiano, non solo a contatto con il gruppo dei pari, ma anche andando incontro ai bisogni delle famiglie. Infatti questi giovani si staccano un po’ dall’università, da quel tipo di sapere, mettendo in atto anche il saper essere e il saper fare. Mettendo insieme questi tre concetti, nasce l’aspetto della cittadinanza attiva e del mettersi in gioco a favore di tutti. I giovani, dunque, si sperimentano in varie iniziative. Offriamo vari servizi, in particolar modo a Chieti essendo nati all’interno dell’Università D’Annunzio, ma pian piano stiamo offrendo vari servizi anche su Pescara come sportelli di ascolto, doposcuola, attività ludico-ricreative per bambini e ragazzi, nonché attività inerenti la disabilità. Collaboriamo da tanto tempo con l’Università D’Annunzio e con l’Azienda per il diritto allo studio di Chieti e Pescara, offrendo questi servizi. Il volontariato, in questo caso, è il donare perché la nostra ricchezza sono i sorrisi, lo sguardo soddisfatto degli utenti che usufruiscono dei nostri servizi. E poi vediamo la crescita personale e professionale dei volontari che prestano servizio nell’associazione, il cui motto recita “Fare del bene, ma soprattutto farlo bene e insieme”».

Andrea Conte, portavoce EcoOne

Il quarto ed ultimo progetto raccontato è stato, infine, quello riferito da Andrea Conte in rappresentanza di EcoOne, che è uno dei tremila giovani invitati da Papa Francesco alla kermesse di Assisi: «Con EcoOne facciamo tantissima educazione e formazione – spiega il docente -, ma il senso di rapportarmi con le generazioni future è una cosa importante. Più che una crisi economica e ambientale, stiamo vivendo una crisi educativa che poi si riflette sull’economia. Sono stato invitato a The economy of Francesco, come portavoce, per dare un contributo essendo stato inserito nel gruppo giovani. Economia di comunione ed EcoOne hanno origini affini. EcoOne è nato nel 1999, quasi dieci anni dopo l’avvento dell’economia di comunione, su iniziativa del professor Sergio Rondinara e della fondatrice del Movimento dei focolari Chiara Lubich. EcoOne è un’iniziativa culturale, promossa e sostenuta da docenti e ricercatori accomunati dal desiderio di arricchire, con una visione umanistica e sapienziale, la propria conoscenza scientifica rivolta ai problemi ambientali. Il programma di ricerca di EcoOne consiste, ancor prima di apportare soluzioni tecnico-operative, proprio nell’individuare un rapporto tra persona e natura rinnovato, qualcosa che si è perso, attraverso il recupero delle relazioni che ci legano alla natura. Insieme ad altre organizzazioni partner, che perseguono l’obiettivo di una destinazione universale dei beni e di una più stretta interdipendenza tra i Paesi, EcoOne tenta di introdurre e promuovere tali principi nelle tematiche ambientale a livelli politico, sociale ed economico. I nostri principi cardine sono la custodia, la responsabilità e la sostenibilità, che delineano il nostro modus operandi. Organizziamo convegni internazionali, pubblicazioni, workshop per giovani e formazione nelle scuole».

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